La revisione protesica è indicata in diverse circostanze:
-usura dell'inserto articolare, che può avvenire dopo molti anni di intenso utilizzo, soprattutto in soggetti in eccesso ponderale e molto attivi. Se l'inserto tibiale si consuma (fenomeno atteso e prevedibile, essendo costituito da un materiale plastico), il ginocchio può perdere stabilità e la funzione articolare può conseguentemente deteriorarsi;
-mobilizzazione asettica delle componenti protesiche: la liberazione di detriti all'interfaccia articolare (soprattutto particelle di polietilene) può indurre una reazione irritativa nell'osso attorno alla protesi (osteolisi peri-protesica) culminante nel riassorbimento e quindi nello scollamento delle componenti che dovrebbero essere "fisse" (la componente femorale o tibiale). Mentre l’irritazione dell’osso è sostanzialmente asintomatica, la mobilizzazione è dolorosa e ricorda al paziente il dolore artrosico precedente la protesizzazione;
-infezione peri-protesica: le infezioni, specie se cronicizzate, richiedono quasi sempre un trattamento chirurgico, avendo scarse possibilità di guarigione con interventi conservativi, quali le toilette chirurgiche locali. Le superfici protesiche rappresentano un terreno fertile e protetto per i germi; molti microrganismi infatti sono in grado di creare un ambiente protetto a ridosso delle superfici protesiche (il “biofilm”), che li rende difficilmente eradicabili con le sole terapie antibiotiche. Se l'infezione non viene tempestivamente trattata, può esitare nello scollamento della protesi, che in questo caso viene definita mobilizzazione settica;
-degenerazione dei compartimenti articolari residui: le protesi monocompartimentali, per definizione, sostituiscono un solo compartimento articolare, più spesso quello mediale. Questo significa che in seguito è teoricamente possibile che uno dei due compartimenti residui, femorale o tibiale, vada incontro ad un processo artrosico tale da richiederne la sostituzione protesica. In questi casi la soluzione più validata è la conversione a protesi totale.
-rigidità: la limitazione dell'articolarità del ginocchio protesizzato può dipendere da molteplici fattori (inadeguata fisioterapia post-operatoria, predisposizione "individuale" a sviluppare rigidità e aderenze, infezioni occulte etc.). Una rigidità è rilevante quando impedisce al ginocchio l'estensione completa oppure quando non consente una flessione minima di 90°, necessaria a compiere la maggior parte delle azioni della vita di relazione (es. stare seduti). Le rigidità, quando riconosciute precocemente (entro 6 settimane dall'intervento), possono migliorare con una mobilizzazione del ginocchio in anestesia; quando riconosciute tardivamente necessitano sempre di un intervento chirurgico. La chirurgia di revisione del ginocchio rigido è particolarmente delicata e a rischio di recidiva, dunque deve essere sempre seguita da protocolli riabilitativi dedicati.
-instabilità: i sintomi variano dalla sensazione di cedimento del ginocchio fino a vere e proprie manifestazioni dolorose, che intervengono solo quando l'arto è caricato. Quando il potenziamento muscolare non è sufficiente, la revisione protesica risolve l'instabilità attraverso l‘impianto di una protesi dedicata.
-fratture peri-protesiche: occasionalmente una frattura che interessa l'osso circostante la protesi richiede la sostituzione dell'impianto per permettere un ancoraggio su osso sano.