Scritto da Paola Baroni
Tra chi è sopravvissuto a una forma acuta come l’infarto miocardico la scarsa aderenza
alla terapia e l’inadeguato stile di vita possono essere tra le cause di rischio non trascurabile di una recidiva. Dopo la malattia, l’ospedale può continuare ad avere un ruolo importante nella prevenzione. E’ il ruolo che l’ospedale Santa Maria Annunziata ha scelto di assumere affrontando l’importanza della prevenzione secondaria. Presso il Santa Maria Annunziata vengono organizzati incontri multidisciplinari di educazione sanitaria ai quali partecipano tutti i pazienti dimessi con diagnosi di cardiopatia ischemica, insieme ai loro familiari.
Gli incontri sono mensili e stanno riscuotendo una grande adesione. L’obiettivo è di informare adeguatamente sulle caratteristiche della malattia, sull’importanza di assumere la terapia prescritta e di seguire comportamenti adeguati. Un’opportunità di informazione e di scambio quindi tra il personale sanitario e durante i quali gli operatori rispondono alle domande dei pazienti e, nel caso abbiano specifiche necessità, vengono riferiti alle varie figure professionali coinvolte.
Fondamentale caratteristica di tali incontri è la multidisciplinarietà. Vi partecipano figure professionali della cardiologia (il medico Irene Betti, l’infermiere coordinatore Stefano Gori e le infermiere Maria Carta e Ilaria Chioccioli), della Psicologia clinica (Silvia Lapini), del centro antifumo (il medico Giovanni Tavanti e l’infermiera Laura Paparini), della dietetica professionale (Benedetta Guerrini).
“La malattia – spiega Tania Chechi, direttore della struttura Cardiologia Interventistica di Santa Maria Annunziata - dovrebbe essere vissuta come un momento di svolta, un’occasione di cambiamento e di assunzione di consapevolezza”.
Le malattie cardiovascolari rappresentano ancora oggi in Italia uno dei più importanti problemi di salute pubblica, sono tra le principali cause di morbosità, invalidità e mortalità. Chi sopravvive a una forma acuta come l’infarto miocardico diventa un malato cronico con notevoli ripercussioni economico-sociali. Ma se la mortalità ospedaliera dell’evento acuto si è notevolmente ridotta negli ultimi anni, la mortalità a medio-lungo termine non ha seguito lo stesso andamento. L’inadeguato stile di vita può essere fra le cause.
La terapia della sindrome coronarica acuta con l’angioplastica percutanea che risolve l’occlusione totale o parziale delle arterie coronarie, è molto efficace ma rappresenta solo un tassello della terapia di questa patologia che ha nell’aterosclerosi arteriosa la sua base fisiopatologica. Quest’ultima è una malattia cronica e per sua natura progressiva pertanto solo un adeguato intervento farmacologico e sullo stile di vita può rallentarne la progressione e talvolta determinare una sua parziale regressione. Uno stile di vita adeguato consiste nell’astensione dal fumo, in una dieta varia ed equilibrata, nell’attività fisica regolare.