I risultati ottenuti sono stati confermati dallo studio controllato americano ACTT-2
Scritto da Vania Vannucchi
Il Jornal of Infection, prestigiosa rivista scientifica internazionale, ha pubblicato nei mesi scorsi lo studio condotto al Santo Stefano per la valutazione dell'efficacia di una nuova terapia su pazienti con polmonite da Coronavirus.
Si è trattato di un primo studio preliminare,
condotto su un campione di 12 pazienti, che ha mostrato risultati incoraggianti. L'indagine è stata effettuata sulla base di un protocollo di studio retrospettivo, proposto e messo a punto dal professor Fabrizio Cantini, direttore della struttura complessa di Reumatologia dell’ Ospedale di Prato, a seguito dell’utilizzo “off-label” di un farmaco impiegato con successo in pratica clinica per l’artrite reumatoide, il baricitinib.
Cantini, nella fase di ideazione e di predisposizione del protocollo di studio, che ha ricevuto l’approvazione del Comitato Etico, si è confrontato con la professoressa Delia Goletti dell’Istituto Spallanzani di Roma e con il professor Anthony Fauci del National Institute of Allergy and Infectious Diseases, USA.
La pandemia da COVID-19 ha già determinato oltre 31 milioni e 600.000 casi di contagio nel mondo con oltre 970.000 decessi. Il virus infetta l’organismo, in particolare le vie aeree ed è responsabile di una severa polmonite che spesso conduce a morte. L’azione dannosa più importante prodotta dal virus è quella di stimolare le cellule del sistema immunitario alla produzione di una consistente quantità di sostanze ad azione infiammatoria, le cosiddette citochine, responsabili della evoluzione drammatica della patologia (tempesta citochinica). Fino al mese di Aprile u.s. non vi erano farmaci anti-virali specifici per contrastare il COVID-19 e quelli fino ad allora impiegati non avevano dimostrato l’efficacia attesa.
Il punto di partenza dello studio per l’esame degli esiti clinici del trattamento con baricitinib, è stato il presupposto per cui la terapia ottimale deve agire sulla riproduzione del virus e sulla liberazione delle citochine pro-infiammatorie.
Il baricitibib ha una duplice azione: impedisce la liberazione delle citochine e blocca l’ingresso del virus nelle cellule polmonari.
Il farmaco era stato somministrato a pazienti ricoverati con polmonite da Covid-19 con l’obiettivo di impedire l’aggravamento della polmonite e la conseguente necessità di trasferimento dei pazienti in terapia intensiva.
Lo studio ha evidenziato che all’ospedale di Prato i 12 pazienti trattati hanno risposto molto bene alla terapia, migliorando costantemente fino alla guarigione. Nessuno dei pazienti è stato trasferito in terapia intensiva.
Considerando i risultati emersi in questo primo studio preliminare, l'indagine retrospettiva è stata estesa ad altri ospedali dell’Azienda Sanitaria, San Jacopo di Pistoia e Santa Maria Nuova di Firenze e gli ospedali di Alessandria, Fano, Pesaro e Ariano Irpino, che avevano utilizzato il baricitinib in casistiche analoghe.
Sono state quindi valutate retroattivamente le terapie somministrate a 113 pazienti per due settimane consecutive: 88 sono stati dimessi con guarigione, 24 hanno mostrato miglioramenti e sono stati dimessi successivamente. Solo per un paziente è stato necessario il ricorso in terapia intensiva, dalla quale è stato trasferito dopo due giorni nella normale degenza ed è stato dimesso dopo altri 10 giorni di terapia. Non ci sono stati decessi.
Questi risultati sono stati recentemente confermati dallo studio controllato americano ACTT-2 promosso dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), diretto dal Prof. Anthony Fauci. Lo studio ha coinvolto 1033 pazienti con polmonite da coronavirus e confrontato l’efficacia di baricitinib somministrato in associazione a remdesivir (unico farmaco antivirale che ha dimostrato una qualche efficacia nella polmonite da coronavirus) rispetto al gruppo di pazienti di controllo che assumevano il solo remdesivir.
La terapia con baricitinib ha permesso di raggiungere l’obiettivo primario dello studio che consisteva nell’accorciare i tempi di guarigione
Cantini, nel ringraziare i colleghi dell’area medica e di malattie infettive del Santo Stefano e degli altri ospedali coinvolti nello svolgimento degli studi, ha espresso parole di particolare orgoglio nell’apprendere i risultati dello studio americano che è stato condotto prendendo come base quelli ottenuti a Prato confermandone gli esiti.
“Resta la soddisfazione, che questo importante approccio terapeutico sia stato di grande aiuto per i pazienti - ha commentato- e che l’Azienda USL Toscana centro e l’ospedale di Prato siano stati precursori di una terapia che ha dato risultati tali da generare orgoglio e prestigio”