Scritto da Vania Vannucchi
L’impatto dei cambiamenti climatici sull’ epilessia, è l’argomento di un importante lavoro scientifico condotto da un gruppo di ricerca internazionale al quale ha partecipato la neurologia dell’ospedale di Prato, diretta dal dottor Pasquale Palumbo, e recentemente pubblicato su una prestigiosa rivista internazionale “Epilepsy & Behavior”
che raccoglie le informazioni più aggiornate sugli aspetti di questa patologia.
Il dottor Emanuele Bartolini, dirigente medico della Neurologia pratese è co-autore del lavoro ed è membro attivo del gruppo di ricerca Epilepsy Climate Change Consortium (EPI-CC), coordinato dal professor Sanjay M. Sisodiya (UCL Queen Square Institute of Neurology, London, UK).
Nello specifico, lo studio è partito da una revisione delle evidenze scientifiche sull’impatto dei cambiamenti climatici su una patologia complessa come l’epilessia, un aspetto che assume particolare importanza nell’attuale contesto di pandemia da Sars-CoV2. Si è dimostrato come eventi naturali inaspettati possano radicalmente influire sullo stato di salute individuale e della collettività.
L'attuale situazione pandemica, ha dato prova di come le crisi globali possano insorgere improvvisamente ed avere un conseguente impatto significativo sulla salute pubblica. Il graduale cambiamento del clima terrestre (riscaldamento globale) è un processo cronico scandito da episodi acuti di eventi meteorologici estremi e rappresenta una crisi sanitaria insidiosa che ha bisogno di altrettanta attenzione.
“E’ da molti anni che Prato vanta validi ed esperti epilettologi impegnati sia sul versante dell’assistenza che su quello della ricerca, commenta Pasquale Palumbo. L’articolo scientifico, pubblicato su una prestigiosa rivista scientifica internazionale, su un argomento di grande attualità ed in partnership con scienziati di levatura mondiale, dimostra che il nostro ospedale può contare su figure eccellenti, come il dottor Bartolini e su un servizio di epilettologia avanzato e competente.”
L’epilessia è una patologia neurologica cronica che può essere colpita direttamente o indirettamente dai cambiamenti del clima. Possono emergere, infatti, fattori in grado di indurre o precipitare crisi epilettiche come l’innalzamento della temperatura corporea, lo stress psicofisico o la mancanza di sonno.
L’aumento della temperature e dell’umidità media ambientale possono, sia aumentare l’eccitabilità dei neuroni favorendo crisi epilettiche, sia facilitare l’incidenza di infezioni vector-borne ( malattie trasmesse da vettori) che sono in grado di scatenare crisi epilettiche. Le persone con epilessia sono spesso gravate dalla presenza di numerose comorbidità, ad esempio le malattie cardio e cerebrovascolari, che a loro volta possono essere negativamente influenzate dai cambiamenti climatici.
Vi possono essere fattori genetici di suscettibilità al peggioramento dell’epilessia indotto dai cambiamenti climatici, ma anche fattori logistici ed ambientali: difficoltà abitative in zone esposte a disastri ecologici ed atmosferici, difficile preservazione dei medicinali antiepilettici ad alte temperature, possibili restrizioni idriche e nutrizionali.
L’impatto dei cambiamenti climatici sull’epilessia è quindi multifattoriale e rappresenta un campo di indagine di forte interesse per la sanità pubblica.
“Il nostro lavoro, commenta Bartolini, rappresenta il frutto della revisione sistematica dei modi in cui le modifiche climatiche possano alterare il delicato equilibrio che contraddistingue l’epilessia. Intendiamo diffondere la consapevolezza degli effetti destabilizzanti dei cambiamenti climatici sull’epilessia, sia dal punto di vista dei meccanismi fisiopatologici sottostanti, sia per quel che riguarda l’impatto sull’andamento clinico e sulla qualità della vita del paziente. Il nostro sforzo collaborativo proseguirà con progetti dedicati a fenomeni più specifici, ad esempio valutando come l’incremento della temperatura o le modifiche dell’umidità ambientale possano influire sulla frequenza ed intensità delle crisi epilettiche, oltre alla valutazione della necessità di implementare la telemedicina.”