Intervento a quattro mani effettuato dal direttore della Chirurgia dell'Ospedale di Prato, dottor Cantafio, insieme al dottor Michelagnoli, direttore del Dipartimento Specialistiche chirurgiche dell'AUSL Toscana centro. In letteratura medica solo 3 casi a livello mondiale, quello di Prato l’unico operato con successo.
Scritto da Ufficio Stampa | 06/09/2023
Al 41° Congresso nazionale ACOI, che si terrà dal 10 al 13 settembre presso il centro congressi “La Nuvola” a Roma, va di scena la medicina d'eccellenza. Tra le storie che saranno presentate una è di particolare vanto per la nostra Azienda USL Toscana centro e per il personale medico e chirurgico dell'Ospedale Santo Stefano di Prato.
L'intervento, con pochissimi casi in letteratura medica, per fistola duodeno-cavale (vena cava) effettuato sulla signora Donatella, svolto a quattro mani dal direttore della Chirurgia di Prato, dottor Stefano Cantafio, insieme al direttore del Dipartimento Specialistiche chirurgiche dell'AUSL Toscana centro, dottor Stefano Michelagnoli. Un quadro clinico ad elevatissimo rischio di vita, quello presentato nel caso della signora, determinato dalla comparsa di una comunicazione tra duodeno e vena cava di cui sono stati descritti in letteratura negli ultimi 50 anni solo 56 casi in tutto il mondo, di questi solo 3 con le caratteristiche del caso trattato a Prato, che risulta essere l'unico operato con successo.
Ma quella che vogliamo raccontare è una storia che coinvolge tutta l'equipe dell'Ospedale Santo Stefano di Prato, in particolare gli infettivologi, rianimatori, anestesisti e tutto il team dell'area della radiodiagnostica, coordinati dal dottor Dante Mondanelli della Direzione sanitaria ospedaliera, che, lavorando in un'ottica multidisciplinare, hanno sia permesso l’individuazione del problema in tempi molto brevi, sia preso in carico il caso nella fase pre-operatoria consentendo alla paziente di uscire dal periodo finestra di 30 giorni, trascorsi i quali avrebbe avuto più possibilità di affrontare e superare l'operazione molto delicata.
Per fare il punto sul caso della signora c’è da ricordare che Donatella era stata operata ad un tumore ovarico nel 2020, l'intervento era andato bene e, a due anni di distanza a fine pandemia, la signora Donatella si era concessa una vacanza in Versilia. Durante questa vacanza le compare una febbre per la quale va al locale pronto soccorso e la trattano somministrandole degli antidolorifici. Tornata a casa la febbre persisteva e la signora, in accordo col suo medico curante, decide di farsi vedere all'ospedale di Prato che l'aveva seguita in precedenza e per il quale nutriva una sincera fiducia. Non riuscendo a individuare subito all'origine della febbre viene inizialmente ricoverata in Malattie Infettive dove, già dall'accesso, emerge un nuovo problema molto importante: un trombo alla vena cava nel tratto vicino alla porzione intestinale. Di fatto questo risulterà anche l'elemento che inizialmente la tiene in vita dato che fa una sorta di contenimento della fuoriuscita di sangue. Questo comporta che venga trasferita immediatamente in Rianimazione, dove rimane per una settimana per far sì che i rischi legati al trombo vengano minimizzati, quindi viene spostata nuovamente in Malattie Infettive dove viene individuata per la prima volta la comunicazione duodeno-cavale.
Ed è qui che subentra l’importantissimo lavoro di tutta l'equipe multidisciplinare del Santo Stefano di Prato. La situazione era delicatissima ed il team ospedaliero è riuscito, con un grande lavoro di squadra che ha visto le varie figure mediche coinvolte in briefing settimanali, a far sì che la signora riuscisse a superare il ‘periodo finestra’, si stabilizzasse e potesse affrontare il delicato intervento su una patologia rara come quella che era stata individuata. Il rischio dell'intervento era così alto che ogni giorno era un giorno guadagnato e l’importantissimo lavoro di squadra ha permesso di allontanarsi il più possibile dalla fase ad alto rischio. Un plauso va però soprattutto a Donatella, donna forte e determinata, che ha sempre creduto nell’operato dei medici e riposto in loro la sua più completa fiducia, così come a suo marito e suo figlio per la pazienza e collaborazione, divenendo così anche loro parte della buona riuscita dell’intero percorso di presa in carico e dell’operazione.