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Il Pronto Soccorso di Pistoia: da un anno combatte il Covi-19 con ogni energia La direzione Aziendale: “strumentalizzate dal Nursind le situazioni critiche, per denunciare e screditare”

Scritto da Daniela Ponticelli 

Da oltre un anno il Pronto Soccorso di Pistoia, come tutti i pronto soccorsi della AUSL Toscana Centro e d’Italia, combatte quotidianamente una guerra che nessuno si aspettava di tale entità e durata. Ciò ha comportato, oltre che la profusione di ogni energia possibile da parte di tutti gli operatori,

che hanno agito con abnegazione in un lavoro al quale nessuno si è sottratto, anche enormi difficoltà logistiche ed organizzative per far fronte ad una situazione, non solo eccezionale nella quantità e nella tipologia di risposte che richiede, ma anche imprevedibile negli sviluppi.

A fronte dell’incremento di accessi, che si è avuto nell’ultimo periodo al pronto soccorso del San Jacopo -oltre cento a fronte della media di 85- data la diffusione di varianti che hanno maggiore velocità di circolo e, conseguentemente, di contagio, è stato provveduto, da parte della Direzione Sanitaria del Presidio Ospedaliero insieme alla Direzione infermieristica, ad un monitoraggio continuo ed in tempo reale, della situazione.  Dall’esito della verifica degli accessi sono state adottate, sempre in tempo reale, le misure necessarie, in considerazione del mutamento dei numeri e, quindi, della qualità delle risposte da fornire, nel rapporto fra attività “istituzionale” del P.S.  e quella dedicata COVID. Il tutto in un confronto serio e costruttivo fra le diverse componenti sanitarie, con le Organizzazioni Sindacali firmatarie del CCNL e con la RSU.

Non casualmente, proprio perché più volte si sarebbe potuto verificare il fenomeno del boarding, le Direzioni hanno provveduto a rimodulare rapidamente gli spazi del Pronto Soccorso, rendendo disponibile un ulteriore ambulatorio a servizio del settore No Covid.

Appare francamente strumentale da parte di una sigla sindacale utilizzare tale situazione per lanciare accuse e denunce che sembrano, da un lato, del tutto sprovviste di fondamento e, dall’altro, davvero stridenti con la realtà cui si deve far fronte.

Si ricorda che l'attesa in Pronto Soccorso, non solo per chi è destinato a ricovero, ma anche per chi è in attesa di concludere l'inquadramento diagnostico, è su barelle (normale dotazione dei PS) tranne che nel settore OBI Covid (di osservazione prolungata), dove, proprio per superare la criticità dei tempi più lunghi dettati dall'attesa del tampone, il setting è allestito con letti e non barelle.

I tempi di attesa delle risposte del tampone sono contenuti, dal momento che gli esami vengono effettuati h24 dal Laboratorio, e a seguito dell'esito, i pazienti vengono indirizzati verso il proprio percorso, senza alcun incrocio.

E’ ovvio anche che nonostante gli sforzi organizzativi, di assunzione di personale (che è avvenuta e continua ad essere) e di impegno massimo di tutti gli operatori sanitari, l’eccezionalità della situazione e dell’afflusso, oltre che la necessaria diversificazione dei percorsi e delle risposte, si possono determinare ritardi diagnostici rispetto ai tempi di attesa “ordinari”. Quel che però non è ovvio affatto è che una rappresentante sindacale –che è ben consapevole della situazione- anziché proporre nelle sedi opportune, misure, soluzioni, ipotesi di lavoro e di organizzazione, lanci accuse, alcune delle quali destinate a creare un allarme sociale del quale nessuno sente il bisogno.

Non si vorrebbe che la sigla sindacale, rappresentata dall’intervistata a mezzo stampa, sia alla ricerca di visibilità, dopo aver intentato nei confronti dell’Azienda ricorsi per comportamento antisindacale, uno respinto a suo tempo dal Tribunale di Firenze ed un secondo respinto recentemente dalla Corte d’Appello.

In entrambi i casi i giudici hanno affermato, non solo la legittimità, ma anzi la doverosità del comportamento tenuto dall’Azienda.