San Giuseppe, Maria e il bambinello a grandezza naturale realizzati da educatori e ospiti del Centro diurno con 800 camici monouso
Un Presepe a grandezza naturale con un San Giuseppe alto quasi due metri e Maria con in braccio il bambinello, interamente realizzato con i camici monouso usati in questi mesi dal Centro diurno disabili di Prato. È l’augurio - che è anche speranza di rinascita - che accoglie da stamani tutti coloro che durante le festività natalizie entreranno nell’atrio dell’Ospedale di Prato, luogo simbolo della lotta al contagio.
Questa mattina hanno presentato il Presepe la presidente della CUI Ambra Giorgi e Carla Giorgi della Direzione Sanitaria. Presenti il dottor Pasquale Palumbo, direttore di Neurologia, e Alessandra Gallozzi, operatrice della CUI e ideatrice del Presepe insieme a due degli ospiti.
“Con il nostro Presepe vogliamo ringraziare tutti gli operatori sanitari e sociosanitari che in questi mesi hanno fatto da argine al contagio – ha spiegato Ambra Giorgi - L’abbiamo chiamato Presepe della Rinascita perché speriamo che presto a Prato si rinsaldi il circuito della solidarietà e poi, lasciatemelo dire, si tratta di un’opera che dimostra pienamente come le disabilità siano veramente delle diverse abilità”.
“Ringrazio la CUI per questo gesto da parte di tutti gli operatori dell’ospedale che hanno lavorato e sofferto in questi lunghi mesi – ha aggiunto Carla Giorgi - La pandemia non è finita e dobbiamo andare avanti, anche grazie alla speranza e alla forza che viene da iniziative come questa”.
“Dalla negatività e dalla sofferenza sboccia creatività e positività, sbocciano idee e progetti per il futuro. Questo è il messaggio che sicuramente aiuta tutti noi a guardare al domani”, ha concluso il dottor Palumbo.
Alla sacra famiglia hanno lavorato una ventina di ospiti e 4 educatori della CUI, un gruppo - quello del Modulo Blu - che crea appunto presepi e realizzazioni artistiche. Alessandra Gallozzi, l’educatrice che è l’anima dei presepi, e la sorella Antonella, Matteo Baldi e Rachele Battistoni che lavorano con loro raccontano che ci sono voluti 800 camici monouso e più o meno 800 ore nel corso di un anno intero per progettare e modellare le statue del Presepe. Sono stati usati usato 8 chili di colori a tempera e 10 litri di colla vinicola, ma alla fine tutti sono molto orgogliosi del lavoro, a cui i “ragazzi” della CUI hanno partecipato con il consueto entusiasmo.
Il Presepe in realtà era già in cantiere per il Natale 2020, ma a un certo punto alla CUI si sono dovuti fermare. Troppe restrizioni e troppi rischi. Hanno ripreso quest’anno, quando è stato possibile ricominciare a costruire la struttura in legno e ferro con le sagome legate e ricoperte di cartone, ritagliare i camici in strisce, per poi tingerle e adattarle sulle sagome modellando le forme e i vestiti. La Madonna naturalmente ha un abito celeste con il velo bianco, Gesù Bambino è anche lui vestito di bianco mentre per San Giuseppe sono stati utilizzati verde e marrone. La forma dei volti è stata ottenuta con un pallone, mentre le mani sono state realizzate riempiendo di stoffa dei guanti. Anche i capelli sono fatti con il tessuto dei camici, per l’esattezza con i cordini che li stringono in vita, trattati con colla e ritorti fino a farne dei riccioli. Le statue poggiano su una base di grembiuli e mascherine, altri presidi monouso divenuti simboli del nostro tempo. Materiali poveri e di riciclo usati con maestria per creare un momento di magia proprio all’interno dell’Ospedale, simbolo della lotta al contagio.
A realizzare tutto questo gli educatori, ma soprattutto Cristian, Carla, Luca, Paolo B., Alessandro, Florinda, Antonietta, Paolo M., Isabella, Adriana, Silvano, Marco, Gianni, Maria Concetta, Gianpaolo, Antonio. Ospiti di età e disabilità varie che ogni giorno lavorano per creare cose belle.